... Era un tardo pomeriggio di luglio. Il lago di Place Moulin si preparava a ricevere il tramonto. Adoro questo momento. Sembra che il tempo restituisca alla natura ogni cosa. Persino l'aria si fa più aspra, mente le correnti sembrano cullarci. E' un momento in cui i romantici come me, si fermano ad osservare ed ascoltare le grida, i rumori. E' un inno alla vita. E' la vita stessa che urla la sua gioia di essere. Anch'io avrei voluto urlare chiedendo a quel lago serafico il segreto delle valigie addossate le une alle altre.
Squillò il mio cellulare per l'arrivo di un sms. Sin dalle prime parole ne compresi la particolarità ed il mittente. "Stazione di Nus, domani ore 18". La mia reazione fu istintiva: " Non verrò, non mi aspettare" risposi a quel numero che oramai, da tempo, rifiutava le mie chiamate. Non m'importava conoscere null'altro di te. Ero già stata punita abbastanza.
Con questa storia sapevo d'aver oltrepassato la soglia del razionale ed ora, finalmente, avevo quasi ripreso la padronanza della mia mente, riuscendo a governare i miei sentimenti: sarebbe stato assurdo permetterti di rientrare nella mia vita.
Ore 18 del giorno successivo. Stazioncina di Nus. Due persone si stanno sorridendo: tu mi vieni incontro e mi abbracci ed io mi perdo nella tua voce, nello sguardo e con ansia crescente mi accorgo di pensare e di desiderarti ancora. Posso averti, lo so od allontanarti per sempre.
"Mi devi spiegare" dico decisa e nei tuoi occhi bruno miele vedo passare come in una moviola, quei mille oggetti, che credevo riposassero in un freddo fondale. " Le emozioni per esistere hanno bisogno di tutto il corpo, dei sensi, del cervello" rispondi, prendendomi la mano e portandotela al viso. Ed io allargo le dita, cerco di racchiuderlo, quel viso, tanto amato, nella mano. Sento i segni delle tue rughe, seguo il profilo del naso, sfioro quelle labbra che non mi stancavo di baciare, esploro la cavità delle tue orecchie, alle quali sovente sussurravo parole d'amore.
"Sei contenta?" "Di cosa dovrei esser contenta?" mentre rispondo infuriata, mi torna alla mente quella famosa frase che sovente mi ripetevi a letto con la testa affondata tra due guanciali: "Fuggiresti con me?" diventata quasi un ritornello giocoso e quella mia risposta detta tra i denti: " Non posso lasciare tutto". In quel momento s'era formato il terzo nodo al mio cuore.
"Tutto quello che credi di lasciare o di aver perso, in realtà rimane dentro te.lLe risate, la bellezza di un paesaggio, l'immagine scolpita di un viso che hai amato, il sapore di un pianto antico, l'allegria di una serata, la voce di un figlio che ti cerca nel buio della notte, il ricordo di tua madre.... Ti porti tutto dentro, tutto ti seguirà sino alla fine."Non so se queste parole uscirono dalla tua bocca o fu quella solita voce a materializzarsi ancora una volta, so soltanto che un attimo dopo, il treno diretto ad Ivrea si fermò e t' ingoiò. Un fischio, una voce maschile e riprese la corsa.
"Luciano hai dimenticato la vali..." Butto gli occhi sull'etichetta e mi rendo conto che mi appartiene. In breve sono a Saint Pierre. Appena faccio scattare la serratura della valigia, riprendo a sentire lo stesso calore che mi procurava la tua vicinanza. Il coperchio si apre. Ricomposte ed impilate trovo le mie cose: frammenti, briciole, masserizie, volti, suoni. Il colore d'una alba vissuta con te in una città calda e piena di zanzare dove il condizionatore d'aria s'era rotto, una fresca notte primaverile con il cielo illuminato a giorno da una luna fiera che stava là in mezzo al firmamento.
E poi vi trovo un' agenda che non conosco. Reca date, appuntamenti di giorni che ancora devono venire. Sulla prima pagina alcune righe vergate di tuo pugno. "Molto è già stato scritto, ma qualcosa si può modificare. Fuggi con me, ora puoi".
Wilma Zanelli ( 2° parte)