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Il racconto dell\'estate


Il salotto bello di Saint Vincent era deserto, in quel trionfale giovedì di luglio. Un uomo, forse di mezza età, traballante, arrivò con fatica alle panchine poste in penombra proprio sopra la piazzetta di Vittorio Veneto, dove tra una serie di scalini e rampe si snoda un'altra piccola terrazza, in mezzo ai fiori. Si sedette, naso all'insù, rivolgendo lo sguardo verso le numerose fontane d'acqua che zampilando, creavano giochi di suoni e colori sorprendenti. L'uomo cercò di ricordare dove avesse già visto uno spettacolo simile: "Forse a Thonon Les Bains o era Ginevra?" si chiese ad alta volce, ma non approfondì, poichè la sua mente già lo risucchiò in altri improbabili ragionamenti.  

Il calpestio dei passi annunciò l'arrivo di una donna: portava tacchi a spillo, alti, a giudicare dal rumore. Percorse la piazzetta, ammirando le numerose vasche in cui scivolava l'acqua per scendere nei piccoli anfratti e sgorgare a cascata, dall'alto. La donna si guardò intorno: stava cercando un posto che l'aiutasse a pensare, le favorisse l'estro. La panchina al sole, vicino al glicine era il luogo adatto. Appena si sedette notò di non essere sola: di fronte a lei, l'uomo con la barba bianca la stava guardando. 

"Scusi, sa dirmi l'ora? Sa non ci vedo senza occhiali" esordì lui. La donna rispose che erano le 13,30, poi sfilò dalla borsa un blocco per appunti e prese a scrivere"

"Sa dirmi a che ora arriva a Chatillon il treno per Aosta? Sto aspettando un amico" riprese l' uomo. 

Lei alzò gli occhi. Sembrava un po' eccata di quell'intrusione indesiderata. Fissò l'uomo. C'era qualcosa in lui che rendeva interessante, la sua apparente normalità. "Io una volta facevo l'orologiaio. Ma ho avuto una carriera troncata sul nascere: la mia manualità non è mai stata un granchè."

"E che m'importa? " avrebbe voluto rispondergli, invece restò lì in attesa della prossima sintetica frase, che puntualmente arrivò. "Così mi sono iscritto alla facoltà di sociologia e non ho terminato neppure quella". Poi il vecchio si fermò, come se stesse raccogliendo pensieri pesanti e non parlasse per farli volare via. 

"I miei volevano facessi il contabile, il ragioniere. Si aspettavano trovassi un lavoro sicuro, solido. Quante liti! Invece io seguivo le mie aspirazioni. Scusi se non mi sono presentato. Mi chiamo Piero". 

"Senta Piero, starei cercando un po' di silenzio. Ho bisogno d'inventarmi nuove idee. Sto lavorando, anche se può apparire strano, alla stesura di una sceneggiatura. Mi chiamo Paola, ho quasi sessant'anni e lei mi sembra un po' troppo attempato per attaccar bottone. E poi con me non attacca". Questa  in breve fu la risposta di Paola, peccato che non osò esternarla a voce alta, in modo che anche Piero la sentisse. "Si consoli io volevo fare la giornalista ed invece..." rispose Paola. 

"E cosa ha fatto nella vita?" risposero entrambi all'unisono. Una timida risata alleggerì la tensione che s'era creata, stemperando le seccature di Paola. "Ci sono dei buchi neri nella mia memoria, sovente non ricordo. Credo d'esser arrivato abbastanza in alto, a giudicare da come vivo, ma oggi proprio non ricordo..." rispose Piero.     

Paola lo guardò, questa volta con altri occhi. L'orologio aveva un cinturino piuttosto largo, che gli ballava intorno al polso, ma era un Rolex, la camicia un po' stropicciata, recava la firma di Dior, gli occhiali da vista erano Cartier ed il bastone da passeggio aveva il manico d'avorio. Anche il linguaggio con cui parlava, seppur sintetico, era forbito.  

Paola per deformazione professionale, vi ricamò una storia curiosa ed affascinante....

                                                                                                                      I parte - Il racconto dell'estate  - Wilma Zanelli - sabato 5 luglio 2003



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