Uno scoppio, un boato, fragore. Urla, parole concitate. Un sisma di paura. L'apocalisse.
Corro verso nord mentre scollino su mucchi di vite scomparse nel tempo di un Amen. Una tempesta di piccole schegge di vetri infranti mi colpisce la schiena.
Questo è un giorno di pace per chi crede, ma non per noi.
Passo vicino ad un altro cumulo di ossa e vestiti, mentre un boccone di rabbia, dolore ed impotenza mi sale alla bocca.
Ho voglia di vomitare. A terra occhi vitrei, senza vita mi guardano e mani sanguinanti, corpi bruciati.
Non c’è più vita in mezzo a queste macerie. Sento un flebile respiro. E’ una donna, minuta, che mi afferra sussurrando cose incomprensibili. M’ inginocchio, le accarezzo i capelli ed in quell’inferno di cristallo riconosco il viso di piccola Babuska arrivata qui in Ucraina, anni prima, alla ricerca della libertà.
Le racconto qualcosa, cercando di rassicurarla, povera anima tormentata come la terra in cui ha avuto origine, dove la dittatura è cielo in tempesta. Piccola Babuska fuggita dalla Siberia, con un destino infame che l’ insegue, oltre i confini, come le bombe dello stesso aguzzino, che si sente padrone del mondo.
E così, con voce suadente le racconto di energie sottili, vibrazioni che salvano, anime trasportate da angeli su bianche lenzuola. Parole che scivolano veloci ed accarezzano. Miracoli che guariscono e resurrezioni della settimana Santa.
Babuska si è addormenta tra le mie braccia. Per sempre. La immagino finalmente libera perché la fantasia è oggi l’unica scappatoia dal buio di questo dannato presente.
Sumy 13-4-2025